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Giornata celebrativa in Consiglio Regionale

Una donna che ha raccontato la sua terra in modo straordinario, questa Sardegna struggente e bella, una sorta di prima rivoluzionaria femminista, un esempio per tutti noi, un grande orgoglio nazionale.
Roberto Fico
Presidente della Camera dei Deputati

Cagliari, 10 Dicembre 2021 – Sas cantones de pache e d’amore (Bae luna) del cantautore Piero Marras hanno aperto nell’Aula del Consiglio regionale l’incontro celebrativo per ricordare il premio Nobel Grazia Deledda, a 150 anni dalla nascita e a 94 anni dalla consegna del prestigioso riconoscimento che ancora oggi è l’unico, attribuito ad una scrittrice italiana per la letteratura.

«Celebriamo oggi una “figlia della Sardegna” – ha dichiarato il presidente del Consiglio, Michele Pais –  che ha dato lustro alla sua Isola avendo saputo immortalare con uno stile raffinato e originale la cultura, la mentalità, le caratteristiche della nostra terra e dei suoi abitanti, vissute e osservate in un particolare contesto territoriale e in un dato momento storico ma al contempo descritte con una carica introspettiva dal valore universale con la quale la scrittrice ha raggiunto – come riporta la motivazione del conferimento del Premio Nobel – una “profonda comprensione degli umani problemi” che accomunano tutte le genti».

«Grazia Deledda “una donna dei nostri tempi, una icona di modernità, la donna che non mise limiti alle donne” – ha proseguito il presidente dell’Assemblea sarda rivolgendosi al presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico – deve entrare a pieno titolo nei programmi degli istituti scolastici italiani».

«Portare nelle scuole una delle “figure massime della cultura italiana” – ha dichiarato il presidente Fico – potrà contribuire a sradicare gli stereotipi di genere e a riaffermare uno straordinario esempio di emancipazione e riscatto femminile». Il presidente di Montecitorio ha quindi ricordato l’impegno e le sfide della scrittrice sarda («una donna tenace, determinata e indipendente che si impose come autodidatta in un’epoca nella quale la formazione scolastica era assai limitata per le donne Sardegna») e il suo indissolubile legame con la sua terra, dando lettura di un celebre passaggio di una nota scritta a soli vent’anni: «Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombre dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza».

Il presidente della Camera ha quindi concluso il suo intervento assicurando l’attenzione del Parlamento italiano per la Sardegna («ricordo la recente approvazione in Senato del disegno di legge per il riconoscimento dell’insularità in costituzione del quale condivido l’obiettivo nel verso della coesione sociale e territoriale per rimuovere gli inaccettabili squilibri tra le regioni») e si è complimentato con il Consiglio regionale per l’iniziativa che celebra Grazia Deledda: «Le assemblee rappresentative possono contribuire allo sviluppo delle nostre comunità, non soltanto esercitando le funzioni istituzionali che gli sono proprie, ma anche agendo da promotori di occasioni culturali che favoriscano la coesione e l’identità delle nostre comunità».

Il giornalista Anthony Muroni, direttore artistico dell’anno deleddiano, ha presentato l’attore nuorese Giovanni Carroni che ha letto un brano del romanzo “Canne al vento” (la parte finale che racconta ultimi preparativi della cerimonia nuziale e nello tempo gli ultimi momenti di vita del protagonista Efis) mentre l’amministratore straordinario della Provincia di Nuoro, Costantino Tidu, ricordando la figura della Deledda, “la nostra Grazia”, ha affermato che “il suo Nobel non ha un valore solo letterario ma ha restituito dignità alla Sardegna ed alle sue istanze autogoverno”.

Noi sardi, tutti noi, dovremmo essere più pragmatici e uniti nel rivendicare nuovi e più ampi spazi di autonomia. O, per dirla tutta, dovremmo essere più deleddiani, riappropriandoci di quel coraggio che negli anni si è indebolito. Quel coraggio che per tutta la vita ha caratterizzato questa immensa donna sarda.

COSTANTINO TIDU
Amministratore straordinario della Provincia di Nuoro

“Le celebrazioni deleddiane possono e devono rappresentare un’occasione irripetibile, vista la portata nazionale degli eventi che si realizzeranno nel corso di un anno, per cimentarsi oltre che su riflessioni di natura accademica anche sul terreno di un nuovo rapporto con lo Stato, non solo in termini di una rivendicazione di maggiori poteri e competenze.  Fino a oggi ci siano confrontati con il Governo nazionale all’interno di una logica prevalentemente conservativa delle specialità.  A Grazia Deledda questa logica non sarebbe piaciuta. Una donna così coraggiosa avrebbe certamente richiesto un decisivo passo in avanti nell’attuazione dello statuto di autonomia della Sardegna”.

“Noi sardi, tutti noi, – ha continuato Tidu – dovremmo essere più pragmatici e uniti nel rivendicare nuovi e più ampi spazi di autonomia. O, per dirla tutta, dovremmo essere più deleddiani, riappropriandoci di quel coraggio che negli anni si è indebolito. Quel coraggio – ha concluso – che per tutta la vita ha caratterizzato questa immensa donna sarda”.

A nome del Comune di Nuoro ha preso poi la parola la Sindaca del Consiglio comunale dei ragazzi Carla Carboni, che si è soffermata sulla modernità di Grazia Deledda “grande donna che ha sempre rifiutato ogni discriminazione portando la Barbagia nel mondo”.

La scrittrice e studiosa deleddiana, Neria De Giovanni, ha invece raccontato alcuni interessanti aneddoti sul premio Nobel assegnato alla grande scrittrice nuorese. «Innanzitutto – ha ricordato – non è affatto vero che quello della Deledda è stato “un Nobel per caso” perché è arrivato alla fine di ben 12 candidature, grazie soprattutto alla sua fama conquistata all’estero, così come non è un caso che sia ancora oggi l’unica donna italiana, su 14, nella storia del Nobel dal 1901».

Il Collettivo scrittrici sarde ha proposto alcune testimonianze sulla cultura sarda di oggi per la quale la Deledda è un costante punto di riferimento, anche come riflessione “alta” sulla condizione della donna.

Giacomo Mameli infine, decano dei giornalisti sardi, ha contestato la tesi secondo la quale “tutta” la cultura italiana non ha riconosciuto il valore di Grazia Deledda. In proposito Mameli ha citato l’esempio di Carlo Bo, intellettuale editorialista e senatore a vita, che la definì “la scrittrice più libera del secolo” e di Carlo Momigliano, secondo il quale “dopo Manzoni nessuno descrisse come lei la profondità del senso della vita”. «Oggi – ha concluso – Grazia Deledda è studiata anche nell’Università della California, dove alcuni studiosi hanno parlato del film tratto dal suo romanzo “Cenere” interpretato da Eleonora Duse, come di una vera “opera globale”».

La giornata in ricordo di Grazia Deledda si è conclusa con l’esibizione dei suonatori di Launeddas, che hanno eseguito fra l’altro una interpretazione del celebre brano “Non potho reposare”.

Intervento del presidente del Consiglio Regionale della Sardegna

Do il mio benvenuto al Presidente della Camera Roberto Fico, che ringrazio particolarmente per essere presente, ai Parlamentari, al Presidente della Regione Christian Solinas, alla Giunta, a tutte le consigliere e a tutti i consiglieri regionali, alle autorità religiose, civili e militari. Un particolare ringraziamento alla Provincia di Nuoro, al direttore artistico del Progetto “150 anni di Grazia. Una donna dei nostri tempi” e a tutto il Comitato istituzionale.

Sono onorato di presiedere questo momento celebrativo in occasione del 150esimo anniversario della nascita di Grazia Deledda e del 94esimo  anniversario del Conferimento del Premio Nobel.

Celebriamo oggi una “figlia della Sardegna” che ha dato lustro alla sua Isola avendo saputo immortalare con uno stile raffinato e originale la cultura, la mentalità, le caratteristiche della nostra terra e dei suoi abitanti, vissute e osservate in un particolare contesto territoriale e in un dato momento storico ma al contempo descritte con una carica introspettiva dal valore universale con la quale la scrittrice ha raggiunto – come riporta la motivazione del conferimento del Premio Nobel – una “profonda comprensione degli umani problemi” che accomunano tutte le genti.

Grazia Deledda: una donna sarda, di straordinaria modernità, fuori dagli schemi, di grande ironia, capacità e caparbietà.

Il suo valore è stato riconosciuto a livello universale ma non abbastanza valorizzato anche nella nostra Isola.

Una grande scrittrice, premio Nobel nel 1926 e ancora oggi unica donna italiana ad aver conquistato il più ambito riconoscimento della letteratura internazionale.

Le opere di Grazia Deledda, nonostante i riconoscimenti a livello mondiale, non hanno ancora avuto il giusto spazio nel mondo della scuola. È arrivato il momento di fare il possibile affinché le sue opere vengano integrate all’interno del nostro sistema culturale e formativo: Grazia Deledda deve entrare a pieno titolo nei programmi degli istituti scolastici di tutta Italia.

La Deledda, figlia di un ambiente duro e difficile come quello della Barbagia dell’800, aveva sempre amato profondamente la sua famiglia e la sua terra.

Sono nata in Sardegna – raccontava – la mia famiglia era composta di gente savia ma anche di violenti e artisti primitivi, aveva autorità e anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni, fui contrariata dai miei”.

Ed anche la critica ufficiale del tempo, che non la portò certo “in palmo di mano”, fu piuttosto tiepida, forse perché incapace di comprendere la straordinaria originalità di una donna sostanzialmente autodidatta ma naturalmente portata a misurarsi con i migliori autori della letteratura mondiale.

Molti, scriveva da giovane rispondendo ad un ammiratore, mi credono una creatura fantastica strana ed aristocratica, altri invece mi prendono per una maestrina di una scuola comunale di campagna. Non sono nulla di tutto questo. Sono semplicemente una signorina qualunque piena di buon senso comune”.

“Signorina qualunque”, ma con giusta ambizione e piena consapevolezza della sue capacità. “Io studio e sempre molto, diceva ancora, aspiro alla celebrità, non lo nascondo, e spero di riuscirvi”.

Una donna semplice, dunque, ma forte delle sue convinzioni, mai banale e nemmeno falsamente modesta. Lo dimostrano i contenuti delle sue opere che allo stesso tempo fanno esprimere ai personaggi passioni e sentimenti antichi ma di grande modernità.

Le sue figure femminili, ad esempio, sono non solo l’esatto contrario degli stereotipi del tempo ma l’espressione di una enorme vitalità che attraversa amori impossibili e scelte familiari dolorose, l’eterno conflitto fra bene e male, i conflitti personali e sociali di un ambiente chiuso, le speranze di riscatto e l’ineluttabilità del destino.

Grazia Deledda è una figura moderna, una “donna dei nostri tempi”, “la donna che non mise limiti alle Donne”.

Concordo con chi ha affermato che la Deledda può rappresentare l’icona della lotta per l’emancipazione e per la conquista della parità dei diritti tra uomini e donne.

Dalle pagine delle sue opere traspare la sua caparbietà, la sua tenacia nel combattere preconcetti nei confronti del mondo femminile.

Perché Grazia Deledda credeva fortemente in un rapporto tra donne privo di ogni antagonismo e agonismo, un legame “sororale” che sovrasta quel concetto di femminismo generalista, dal quale prese presto le distanze. Questo rapporto di “sorellanza”, che traspare in ogni sua opera, è un femminismo profondamente personalizzato incentrato solo sul rapporto diretto da donna a donna.

Concetti moderni, questi, anche per l’epoca attuale. Grazia Deledda era convinta che la perfezione si raggiungesse solo nel rapporto di sororità, sia con le tre sorelle, sia con la nipote Mirella, ma anche con Sibilla Aleramo, con Matilde Serao, con Eleonora Duse e Maria Montessori. Tutte donne che hanno ispirato, direttamente o indirettamente, le opere di Grazia Deledda, opere spesso incentrate su un personaggio femminile.

E così hanno preso forma dalla penna di Deledda le sue eroine: Olì la madre che sceglie di morire per non disonorare il figlio in “Cenere”, Annesa che uccide il vecchio zio ne l’“Edera”, Marianna SircaAgnese (ne “La madre”), Maria Maddalena (protagonista di Elias Portolu).

Figure forti, descritte con grande trasparenza e con una modernità purtroppo non sempre capita, come sottolineato dagli studiosi, soprattutto dalle altre donne dell’epoca.

Ma Lei andò sempre avanti convinta che, come disse più volte, “ci sono tante cose di cui una donna saprebbe parlare meglio degli uomini”. Questo pensiero la convinse ad accettare, nel 1909, quando alle donne non era ancora concesso il diritto di voto, la candidatura alle elezioni politiche di quell’anno, unica candidatura femminile. Non fu eletta: nel collegio di Nuoro, prese appena 34 voti.

Celebriamo dunque questa illustre figura nel Consiglio regionale della Sardegna, ossia l’Organo di massima rappresentanza dei sardi: un popolo il cui carattere Grazia Deledda ha saputo descrivere in modo efficace e genuino. Conoscere questo carattere, con i suoi pregi e le sue singolari particolarità, non sempre facili da comprendere, è anche compito delle Istituzioni e dei rappresentanti che hanno l’onore e l’onere di governare l’Isola. Moltissime pagine delle Opere di Grazia Deledda, infatti, offrono senz’altro spunti utili ad adattare l’azione politica alle particolarità identitarie di questa terra e della sua gente.

Vorrei concludere questo mio breve intervento, con lo stesso saluto che Grazia Deledda rivolse al termine del suo brevissimo discorso di ringraziamento alla consegna del Premio Nobel, il 10 Dicembre del 1927.

Grazia Deledda scelse di congedarsi con la parola “Salute”, come usavano fare i pastori della Sua Barbargia, della Sua Terra, della sua Isola.

 

E allora… “Salute” a una donna sarda
che rimarrà sempre un’icona di modernità.

 

Michele Pais  – Presidente del Consiglio regionale

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